Pregare significa innanzitutto abbandonarsi completamente alla volontà di Dio, per seguire Cristo con assoluta fiducia, spinti da un amore irriducibile.
Ma la natura della preghiera è altra: essa presuppone il nostro incontro con Dio, a prescindere da quello che possiamo chiedere o ricevere. È un bisogno prima di tutto dell’anima di unirsi al suo Creatore, al suo Padre, al suo Tutto. La preghiera è rischiosa: dopo un po’ ci accorgiamo che Dio è persona e che ci chiede qualcosa, e forse qualcosa che non ci aspettiamo, e forse nemmeno desideriamo. La nostra natura si ribella a volte alle richieste di Dio, e per questo è più facile “anticipare” Dio con le nostre richieste, e quindi non ascoltarlo, non renderci docili prima di tutto alla sua presenza.
La preghiera è effusione del cuore davanti a Dio: non è rapporto tra due soggetti, ma è il tentativo di diventare oggetto al suo pensiero. Per colui che pensa, Dio è un oggetto, per l’uomo di preghiera Egli è il soggetto. Quando ci troviamo in presenza di Dio ci sforziamo non di acquisire una conoscenza oggettiva, ma piuttosto di rendere più profonda la fedeltà tra noi e Dio. Ciò che desideriamo non è conoscere Lui, ma essere conosciuti da Lui».