Angelo Polimeno Bottai (Roma,1959) è responsabile rubriche libri del Tg1. Esperto di politica italiana e internazionale, ha lavorato anche a Il Tempo diretto da Gianni Letta e con Bruno Vespa a Porta a Porta. Ha già pubblicato: Non chiamatelo Euro (2015); Repubblica atto terzo (2012); Presidente ci consenta (2011).
Angelo Polimeno Bottai ha presentato presso l’Archivio di Stato di Roma, il suo ultimo libro, una testimonianza straordinaria della vita altamente controversa di suo nonno, Giuseppe Bottai. La presentazione ha visto la partecipazione di eminenti figure, tra cui Francesco Rutelli, Sabino Cassese e Michele Di Sivo dell’Archivio di Stato di Roma.
“Non potevo e non volevo scrivere un libro da nipote; non potevo perché mio nonno non l’ho mai conosciuto; sono nato pochi mesi dopo la sua morte. Non volevo perché sono un giornalista. Ricostruire i fatti storici mi è sembrata la strada più giusta” – così Angelo Polimeno Bottai, giornalista Rai, responsabile della rubrica libri di Tg1, nipote di Giuseppe Bottai, ministro fascista che contribuí alla caduta del Duce.
La vita rocambolesca di Giuseppe Bottai, gerarca tra i più importanti del Ventennio fascista, offre nuovi motivi di riflessione sulla recente e tragica stagione del nostro Paese. Bottai ha rappresentato una figura alternativa che ha creduto in un fascismo diverso. Si è battuto contro la violenza, la propaganda di regime, l’affiliazione al nazismo. Si è esposto in prima persona. Anche sui giornali da lui fondati. Ha pubblicato libri censurati e articoli dei più grandi intellettuali antifascisti. Ha cercato di limitare le terribili conseguenze delle leggi razziali. Ha varato una norma fondamentale per difendere l’arte e il paesaggio italiano. Ha organizzato la «Resistenza dell’arte» per sottrarre oltre diecimila capolavori agli appetiti di Hitler. Lo ha fatto, al culmine del suo dissenso, promuovendo l’ordine del giorno che, il 25 luglio del 1943, ha determinato la fine di Mussolini e del fascismo. E non si è fermato. Ormai cinquantenne, si è arruolato nella Legione Straniera: soldato semplice e sotto falso nome è andato al fronte a combattere i nazisti. Chi altro come lui? Quale altro ex ministro, fascista o no, ha riscattato le proprie responsabilità politiche al punto di rischiare la vita? Eppure la figura di Giuseppe Bottai in Italia continua a risultare scomoda. Per i nostalgici del Ventennio è un traditore. Per molti antifascisti nessun protagonista di quella stagione ha diritto all’onore.
“Dalle stanze del Duce si ascoltava solo quello che lui voleva fosse inteso. Quella notte però, al momento della votazione, un nugolo di funzionari e di agenti trasgredì, origliando dietro la porta, e la mattina seguente cominciarono a circolare, per le vie di Roma, informazioni più o meno accurate”.
Angelo Polimeno Bottai spiega :”Come si era arrivati alle ventiquattr’ore più lunghe della storia italiana del Novecento?”
Sabato, 24 luglio 1943. Nel pieno della II Guerra Mondiale, la popolazione romana, specchio di quella italiana, è allo stremo. Dopo tre anni di guerra, non c’è persona che non invochi la pace, esacerbata dalla fame e dai bombardamenti alleati.
Il 10 giugno 1940 Mussolini si “affaccia” dal balcone di Palazzo Venezia.
Quello stesso Palazzo Venezia, simbolo del potere dai piedi di argilla del Duce, sarebbe stato teatro della fine del potere di Mussolini poco più di tre anni dopo. In quel luglio del ‘43, dice la storia stava facendo il suo giro: il 9 luglio 1943 c’era stato lo sbarco sulle coste siciliane attuato dagli Alleati con l’obiettivo di aprire un fronte nell’Europa continentale, invadere e sconfiggere l’Italia e, infine, concentrare in un secondo momento i propri sforzi contro la Germania nazista.
Ci racconta inoltre come il 19 luglio il bombardamento del quartiere San Lorenzo a Roma, a opera di bombardieri statunitensi, primo attacco aereo da parte dell’aviazione USA, obiettivo lo scalo ferroviario, fa cadere il mito dell’inviolabilità dei cieli della Città Eterna a causa dei suoi simboli. Mentre l’Urbe subisce pesanti danni materiali e numerose perdite umane, Benito Mussolini si trova a Feltre per l’incontro con Adolf Hitler.
Ormai il Duce è diventato ingombrante e all’interno dello stesso Gran Consiglio c’è chi vuole esautorare Mussolini, ed è emblematico il fatto che si riunisca per la prima volta dallo scoppio della guerra. Tra i gerarchi presenti alla riunione, il presidente della Camera dei Fasci e delle Corporazioni, Dino Grandi, il generale Emilio De Bono, il segretario del Partito fascista Carlo Scorza, il presidente dell’Accademia d’Italia Luigi Federzoni, Roberto Farinacci, Giuseppe Bottai e Galeazzo Ciano, genero del Duce in quanto marito della figlia Edda.
Durante la seduta Dino Grandi presenta un ordine del giorno, che accusa il regime fascista di aver compromesso i vitali interessi della nazione portandola sull’orlo del tracollo, chiede che siano attribuite al sovrano, al Gran Consiglio e al Parlamento, tutte le funzioni e le prerogative previste dallo Statuto Albertino, che la dittatura fascista aveva concentrato nelle proprie mani. Il documento, votato dalla maggioranza dei gerarchi presenti, inchioda Mussolini alle sue responsabilità.
È finita un’era, anzi il Ventennio fascista.
Nel pomeriggio del 25 luglio, Mussolini viene ricevuto da Vittorio Emanuele III a Villa Savoia e gli rassegna le dimissioni da capo del governo. Il Re lo fa arrestare. Alle ore 22:45 le radio si sintonizzano sul consueto notiziario, che non viene preceduto, come d’abitudine.
Inoltre Polimeno Bottai fa una riflessione: ma la gente sembra non capire. Caduto il fascismo, finita la guerra.
strappata dall’occhiello la cimice del partito, tutti si riversano in piazza sfogando più rabbia per l’oppressione subita che gioia per la fine di un incubo
Con il piglio del cronista, in queste pagine racconta soprattutto l’avvincente penultimo atto di Benito Mussolini.