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Settimia Maffei Marini di Maria Grazia Branchetti

Maria Grazia Branchetti, storica dell’arte, Roma. Docente e libera ricercatrice, ha svolto un incarico decennale presso l’Archivio di Stato di Roma nel Servizio delle Manifestazioni Culturali. Ha approfondito lo studio del mosaico di età moderna contribuendo a renderne nota la storia con monografie e saggi, organizzazione di mostre, partecipazione a convegni. Per l’Editore Gangemi ha pubblicato come autrice: I luoghi della Sapienza (2000); Collezione Savelli (2004). Come coautrice: La “Maravigliosa invenzione”. Strade ferrate nel Lazio 1846-1930 (2003); Lazio Pontificio tra terra e mare (2005); Con magnificenza e con decoro (2008); L’arte del micromosaico (2016). Suoi saggi sono presenti in «Bollettino dei Musei Comunali di Roma» (XX, 2006; XXXI, 2017; XXXIV, 2020).

La sua ultima fatica letteraria Settimia Maffei Marini (Gangemi editore 2024).

Roma, primo Ottocento. Settimia Maffei Marini studia le discipline del disegno e si specializza in quello che oggi è noto come “micromosaico”. Affronta pregiudizi e diffidenze, perché l’arte del mosaico è un campo tipicamente maschile, ma segue la sua inclinazione, credendo nella parità che viene dall’ingegno, e ottiene il massimo dei riconoscimenti con la nomina a socia d’onore dell’Accademia di San Luca. Tocca l’apice della carriera cimentandosi in opere di grande impegno, tra cui la celebre traduzione, oggi dispersa, dell’Ultima cena di Leonardo da Vinci. Sarà il suo canto del cigno.

Settimia Maffei Marini fu una figura pionieristica nel panorama artistico della Roma del primo Ottocento, in un’epoca in cui le arti decorative, e in particolare l’arte del mosaico, erano dominate da uomini. Specializzatasi nella tecnica del micromosaico, una pratica che richiedeva una precisione estrema e una profonda conoscenza della composizione cromatica, Settimia sfidò le aspettative di genere, spinta dalla convinzione che il talento non avesse confini di sesso.

Nonostante gli ostacoli e i pregiudizi che caratterizzavano l’epoca, Settimia guadagnò un prestigio raro per una donna della sua generazione. L’Accademia di San Luca, che era uno dei più importanti istituti di formazione e promozione delle arti a Roma, le riconobbe il suo valore conferendole il titolo di socia d’onore. Questa nomina rappresentava non solo una consacrazione per la sua abilità artistica, ma anche un segno di apertura da parte delle istituzioni, che in lei vedevano un talento straordinario e capace di contribuire al patrimonio artistico italiano.

Il momento culminante della sua carriera fu la realizzazione della “traduzione” dell’Ultima Cena di Leonardo da Vinci, un’impresa impegnativa e simbolica che richiedeva sia la maestria tecnica sia un profondo rispetto per l’opera originale. Questo lavoro, purtroppo disperso, testimonia non solo la sua abilità ma anche l’ambizione e la dedizione che caratterizzavano il suo approccio all’arte.

L’opera leonardesca rappresentò il suo canto del cigno, e la sua carriera finì col diventare un esempio per le generazioni future di artiste. Settimia Maffei Marini non solo aprì la strada ad altre donne nell’arte, ma contribuì a ridefinire i limiti dell’espressione artistica femminile, lasciando un’eredità di audacia e talento.

Maria Grazia Branchetti ci presenta l’arte come un linguaggio universale, capace di raggiungere chiunque e di essere compreso da tutti, al di là delle barriere culturali e intellettuali. In questa visione, l’arte assume un ruolo di insegnamento diretto e profondo: non si limita a dialogare con la razionalità o con il pensiero critico, ma arriva a coinvolgere il nostro lato emotivo, risvegliando sensazioni e intuizioni che vanno oltre la parola e la logica.

Branchetti, con il suo stile comunicativo incisivo e appassionato, riesce a far vibrare in noi lettori un eco profondo che ci spinge a riflettere non solo sulla bellezza estetica delle opere, ma soprattutto sulla loro funzione. L’opera d’arte, sotto la sua lente, non è soltanto un oggetto decorativo o un mezzo di intrattenimento, ma un veicolo di significati e verità universali. Questa capacità dell’arte di “parlare” a ciascuno di noi in modo immediato e personale spinge il lettore a una serie infinita di considerazioni: perché l’arte ci emoziona? Quale messaggio porta con sé? In che modo può trasformare la nostra visione del mondo?

Il modo in cui la storica ci accompagna in questo percorso ci fa riscoprire il potere dell’arte non solo come espressione, ma come una sorta di linguaggio emozionale e trasversale, che può toccare le corde più profonde dell’animo umano e contribuire alla nostra crescita personale.

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